Caba: la chiave del suo successo.
di Tamara Winkler
Ha iniziato a correre nel GAB quando aveva 7 anni, è stato tra i più talentuosi velocisti della società, da 20 anni è membro del comitato, per 13 anni è stato presidente del GAB e da 4 anni si trova ai vertici nell’organizzazione del sempre più popolare e stellare Galà dei Castelli. Ora ha deciso che è giunto il momento di passare il testimone di presidente del GAB per dedicarsi anima e corpo al Galà, come presidente di un meeting che ha visto nascere, che ha seguito nei suoi primi passi, che ora corre a livelli sempre più alti e che ha di fronte a sé un futuro da grande stella nel panorama dell’atletica leggera internazionale.
Parlando con Alessandro, per noi tutti “Caba”, e presto sveleremo
a tutti finalmente il perché, sembra che il suo percorso sia frutto del caso. La sua straordinaria carriera di atleta e i ruoli da lui ricoperti nel comitato del GAB appaiono, raccontati da lui, la naturale successione di tante piccole coincidenze. Ma le coincidenze, si sa, bisogna saperle riconoscere, occorre lavorare sodo e con passione per guadagnarsi la fiducia e il rispetto necessari per far sì che esse si presentino e poi, non da ultimo, è necessario avere il coraggio e la prontezza necessari a saperle cogliere. E tutto questo va oltre la buona sorte o l’aleatorio manifestarsi degli eventi.
Ripercorriamo insieme a Caba, il suo percorso sportivo a tutto tondo, partendo dalla sua ultima sfida, la presidenza del Galà dei Castelli.Cosa ti ha spinto ad accettare il nuovo incarico di presidente del Galà dei Castelli, quest’anno alla sua 7a edizione?
È stata una naturale successione di eventi. Per i primi due anni di vita il Galà dei Castelli è stata una creatura del GAB poi, crescendo come manifestazione, abbiamo ritenuto opportuno creare una società che si occupasse unicamente della sua gestione e della sua organizzazione.
Lo scopo del GAB è infatti quello di promuovere l’atletica leggera locale, non era giusto che la società utilizzasse tante energie anche nella gestione di un appuntamento internazionale della durata di una sera ma che richiede comunque un impegno organizzativo costante, sull’arco di tutto l’anno. Per quattro anni sono stato contemporaneamente presidente del GAB e del Galà. Ora che il Galà è cresciuto e che continua a crescere è giunto il momento di focalizzare le energie solo su questo progetto e di lasciare la presidenza del GAB a qualcuno che possa prendersi cura della società a tempo pieno. Il Galà resta tuttavia figlio dal GAB, senza la società non sarebbe esistito, né potrebbe continuare a esistere. L’enorme mole di volontariato necessaria per la realizzazione di questa serata è legata al GAB, la collaborazione è stata e sarà sempre vitale e necessaria.
Com’è nata l’idea del Galà?
Eravamo quattro amici al bar…anzi, no, eravamo in tre e ci trovavamo in pizzeria. Era una sera di gennaio del 2011, come GAB avevamo appena organizzato con successo i Campionati svizzeri giovanili a Bellinzona. A tavola c’eravamo io, Chico (Enrico Cariboni) e Lele (Daniele Bianchini). Sull’onda dell’entusiasmo post CS giovanili ci siamo detti che se ce l’avevamo fatta così bene a organizzare un evento su due giorni, ce l’avremmo fatta anche a organizzarne uno, internazionale, di una sera. Anni fa c’era stato il famoso Meeting dei Castelli e in molti ne sentivamo la mancanza. Il Galà è nato così, per caso (guarda un po’, ndr), durante una serata tra amici uniti dalla comune passione per l’atletica.
Come immagini il Galà dei Castelli nel futuro?
Me lo immagino sempre più grande, con un numero sempre maggiore di atleti di spessore internazionale, un evento sempre più apprezzato, atteso e conosciuto, ma con una conduzione, possibilmente sempre famigliare. Lo immagino affermarsi come un fiore all’occhiello tra i meeting più importanti. Vorrei vedere lo stadio comunale raggiungere la sua massima capienza. Per l’atletica non abbiamo limiti d’entrata come nel calcio, 14’000 persone non sono una chimera.
Cosa auguri alla nuova presidente del Gab e alla squadra?
A Laura auguro di lavorare serenamente, senza preoccupazioni. Le auguro di divertirsi e di lavorare con passione. Così facendo i risultati non mancheranno. Ha tutte le carte per essere un’ottima presidente. In questi 14 anni come presidente ho imparato molto e ho sempre avuto l’appoggio del comitato. È essenziale al buon funzionamento di una società.
Facciamo ora un passo indietro, e scopriamo insieme ad Alessandro, cosa l’ha portato dove si trova ora. Quale serie di eventi lo ha dapprima avvicinato e poi indissolubilmente legato al mondo dell’atletica e al GAB.
Quando hai capito che l’atletica era il tuo sport? Ne hai provati altri?
Alla fine degli anni ‘70 a Bellinzona la scelta delle discipline sportive contemplava essenzialmente: calcio, nuoto, ginnastica e atletica. L’offerta sportiva era meno vasta di quella odierna. Il mio primo sport è stato la ginnastica. Ero un bambino molto vivace, ascoltavo poco i monitori e ai volteggi e alle capriole preferivo correre in giro, per la disperazione loro e dei miei genitori. Un giorno mio padre venne a vedermi durante l’allenamento ma non mi trovò. Stavo scorrazzando sotto al palco che c’era un tempo nella palestra della SFG. Correvo ovunque. Quella sera mio padre pose fine alla mia carriera da ginnasta e decise che avrei meglio incanalato le mie energie allo stadio. A quanto pare… aveva ragione.
Conservi le tue medaglie? A quali sei più affezionato?
Certamente, le ho incorniciate in due pannelli. Ogni medaglia è legata ad un bel momento della mia carriera sportiva, tuttavia sono particolarmente affezionato alle due medaglie vinte ai CS individuali (bronzo nei 200m indoor e nei 200m outdoor) e a quelle vinte ai CS di staffetta. Queste ultime hanno un valore aggiunto, sono state il frutto di un vero e proprio lavoro di squadra. Si è arrivati al risultato perché tutti hanno dato il massimo. Indimenticabile è stata la vittoria ottenuta dal team Cariboni, Geuggis, Lafranchi e Brunelli nel 1999. Il giorno della trasferta ci presentammo al pulmino tutti “rapati a zero”. Persino Fiorenzo per l’occasione aveva adottato la stessa non-capigliatura. Un gesto simbolico che ha rafforzato ulteriormente lo spirito di squadra e che ha forse contribuito a farci tornare a casa senza capelli ma con la medaglia d’oro al collo. Poi ci sono le numerose medaglie vinte ai CT assoluti e tra questa spicca quella d’oro vinta sui 100m nel 2000 in 10’’63 in una finale in cui i primi hanno corso tutti sotto gli 11 secondi.
Cosa ti ha dato lo sport che poi ti è tornato utile nella vita?
Lo sport è stato ed è tutt’ora parte integrante della mia vita. Accanto agli indubbi benefici sul fisico e sulla salute, lo sport mi ha insegnato ad apprezzare le vittorie, ad accettare le sconfitte, a gestire gli imprevisti
e a saper partecipare. Grazie all’atletica ho conosciuto persone eccezionali con cui ho tuttora un ottimo rapporto di amicizia. Impegnarsi intensamente per ottenere dei risultati nello sport, può darti gli strumenti per affrontare meglio anche gli inevitabili ostacoli della vita. Grazie agli allenamenti e agli allenatori ho imparato ad essere puntuale, a gestire al meglio il mio tempo, a sudare, ad impegnarmi e a fare fatica. Ai blocchi di partenza sei solo contro gli altri, devi fare affidamento unicamente sulle tue capacità. La forza fisica da sola non basta, è necessaria anche quella mentale.
Quali sono state le sfide più impegnative da affrontare come atleta, prima, come presidente del GAB, poi?
Come atleta gli aspetti più difficili da gestire sono stati gli infortuni
e le assenze. Quando si è abituati ad allenarsi tutti i giorni, trovarsi confrontati con una pausa forzata a seguito di un infortunio è difficile sia sul piano fisico, sia su quello mentale. Ma, come dicevo prima, anche questi “stop” ti insegnano a gestire meglio te stesso e gli imprevisti. Lo sport in questo senso è una metafora della vita. Quando avevo 24 anni e frequentavo la scuola ufficiali a volte non potevo recarmi allo stadio con la dovuta regolarità. L’atletica non perdona in questo senso, dopo le pause riprendere equivale a “correre in salita”.
Come presidente del GAB ho sempre avuto l’enorme fortuna di avere l’appoggio di un comitato composto da persone estremamente valide. Ci trovavamo mensilmente e lavoravamo tutti nella stessa direzione. Le decisioni sono sempre state prese all’unanimità. Questo ha facilitato e reso molto più piacevole il mio ruolo. Ci sono stati tuttavia dei momenti meno belli di altri, ripenso in particolar modo a quando è stato necessario ammonire o addirittura allontanare degli atleti. Non è mai piacevole.
Alessandro Lafranchi, detto “Caba”, come mai questo curioso soprannome?
L’etimologia è di origine… animale. Caba prima di essere il mio soprannome è stato infatti lo pseudonimo di un criceto. Mimo (Massimo Balestra), che ha sempre brillato per la sua originalità, all’epoca aveva un criceto “da party”, un piccolo roditore che lo accompagnava il sabato sera e che a quanto pare riscuoteva un certo successo. Il suo nome per esteso era Cabataglio, per gli amici “Caba”. Come sia avvenuto il passaggio di nome dal criceto a me, non saprei. So solo che da un certo punto in poi, per tutti gli amici del GAB sono diventato Caba. A testimonianza di quanto il nome fosse cresciuto con me, per il mio 20imo compleanno i miei genitori mi hanno regalato una chiave d’oro, una Caba 20, con i loro nomi incisi sul retro. La porto ancora oggi. (Sempre meglio di un ciondolo a forma di criceto, no? Ndr.).
I latini dicevano nomina sunt consequentia rerum (i nomi sono conseguenti alle cose). Forse Alessandro è troppo umile per vederne le analogie, ma in comune i due Caba oltre al soprannome hanno sicuramente il successo.
Grazie Caba e in bocca al lupo per il tuo (quasi) nuovo incarico!
Attività 2016